A.D. 1262.
Ottone, della famiglia dei Visconti – una stirpe nobiliare milanese non particolarmente prestigiosa – vede finalmente avverarsi il sogno per il quale si è impegnato tutta la vita dopo aver preso gli ordini sacerdotali: viene incoronato da Papa Urbano IV come Arcivescovo di Milano innalzando la propria famiglia dal “rango di nobilucci del Lago Maggiore a una grandezza mai raggiunta prima”. Tale titolo, tuttavia, viene consegnato a Ottone contro le tradizioni consolidate da secoli che vogliono che l’arcivescovo di Milano venga scelto personalmente dalla diocesi di Milano e non dal papa.
Dietro tale iniziativa ordita dal Cardinale Ottaviano degli Ubaldini, di cui per tanti anni Ottone è stato camerlengo e assistente personale, si nasconde il timore della Chiesa nei confronti del sempre più accresciuto potere degli attuali signori di Milano, i Della Torre, che detengono il dominio civico della città e vorrebbero definitivamente rinsaldarlo ponendo sullo scranno arcivescovile un nobile della loro casata. Milano nel XIII secolo è la città più ricca e in espansione dell’intero nord e centro Italia e non a caso anche potenze internazionali, re e imperatori, se ne contendono l’alleanza o, addirittura, cercano di sottometterla al loro potere. Una ricchezza tanto spropositata nelle mani di una sola famiglia nobile (anche se di parte guelfa) offuscherebbe il potere papale e Roma perderebbe di prestigio. Dunque, per evitare che l’autorità dei Della Torre si accresca troppo, una lunga serie di abboccamenti finisce per mettere “in mezzo” Ottone, marionetta inconsapevole nelle mani del papa Urbano IV per volere dell’Ubaldini. Quando il religioso se ne rende conto, tutte le sue certezze vacillano. A quel punto, conscio del suo ruolo nella vicenda, ormai coinvolto in una faida a cui non potrà sottrarsi, Ottone accetterà di sottostare a questo intrigo come vittima o prenderà una parte attiva nella vicenda?
A questo punto la narrazione si svolge su piani diversi ma ben articolati. Partendo dall’episodio nodale della vita di Ottone, appunto l’incoronazione ad Arcivescovo di Milano, assistiamo a una successione di eventi della vita di Ottone: dalla sua adolescenza in convento come accolito, attraverso la sua carriera da canonico di Desio fino a divenire camerlengo e consigliere personale dell’Ubaldini; la narrazione è caratterizzata da salti temporali che potrebbero apparentemente frammentare l’esposizione ma in realtà sono concatenati con maestria. Ogni evento “successivo”, ogni azione, ogni pensiero di Ottone si origina da un avvenimento precedente della sua vita che l’ha segnato, e il volo pindarico tra i momenti cruciali della vita del religioso concatena perfettamente gli stati d’animo del personaggio, spiegando chiaramente da dove abbia avuto origine e cosa abbia determinato il suo successivo comportamento.
Ottone è un personaggio altresì “mutevole” e dinamico tanto quanto la narrazione, la sua condizione psicologica non è mai univoca ma tende a evolversi durante il racconto, lasciando sempre il lettore in sospeso, inducendolo a chiedersi quale sarà la sua prossima mossa, se si redimerà o resterà succube dell’organizzazione che lo muove come una marionetta.
Personaggi cardine che attireranno Ottone dalla parte della ragione o dalla parte del potere sono il suo amore di sempre, Agnese Gaidolfi e il già citato Cardinale Ottaviano degli Ubaldini, orditore di inganni e sostenitore di una politica di potere e intrighi che si racchiude benissimo nella frase che rivolgerà a Ottone: “La religione è lo strumento più potente del mondo. E chi lo sa usare, il mondo può controllarlo” (mirabili i dialoghi tra i due personaggi in tutto il romanzo). Inconsapevolmente entrambi generano confusione nella mente del giovane religioso che ancora ingenuo, entusiasta della sua vocazione e pieno di buone intenzioni (“di voi si dice che ambiate a raddrizzare i torti e a punire gli empi”) si scontra con la realtà del mondo: “Il più comune degli errori dettati dall’inesperienza del mondo”, gli rivela freddamente il cardinale per affabularlo, “è ritenere che essere nel giusto garantisca la buona riuscita delle proprie opere”.
È da quel momento che, irretito dall’oratoria, dalla gelida razionalità e dalla volontà di soggiogarlo da parte del Cardinale, Ottone intraprenderà una strada senza ritorno lungo la quale la sua buona volontà, il suo originario pensiero, il suo entusiasmo e le sue buone intenzioni si dissolveranno apparentemente senza rimorsi. Nel gioco entrerà a spron battuto il suo rapporto con la giovane locandiera Agnese, una donna apparentemente umile ma molto lontana dal modello femminile del suo tempo grazie alla sua razionalità, alla sua intelligenza, al suo senso pratico che cercherà di instillare nel suo innamorato, rappresentando il punto fermo del romanzo, la chiave di volta, lo snodo cruciale per l’evolversi della vicenda. Altro ruolo importante avrà anche il suo originario, e perduto, rapporto con il cugino e compagno di studi Tedaldo.
Ottone è apparentemente un personaggio volubile, debole e soggiogabile ma la sua tenacia e il suo coraggio, quasi assenti nella prima parte della sua esistenza, nonché la sua idea di fede, verranno messi a dura prova durante la difficile successione di insostenibili disfatte contro i Torriani, rappresentati perfettamente dal sadico e crudele Napoleone della Torre, deciso a liberarsi dell’usurpatore con ogni mezzo. Il contrasto fra questo personaggio apparentemente tutto d’un pezzo, senza vacillamenti o indecisioni nel condurre le sue turpi azioni, e la manifesta volubilità del personaggio di Ottone, a mio avviso sono punti focali della narrazione, che inducono il lettore a chiedersi a un certo punto chi dei due sia il malvagio, chi l’indeciso, chi il volubile, chi nel torto e chi nella ragione. Domande alle quali, in un’epoca in cui si assiste a tutto e al contrario di tutto, dove niente riesce ad essere bianco o nero, dove il bene, la fede e la verità si nascondono spesso nei personaggi più improbabili, dove i grandi difensori della fede impersonano i ruoli più contraddittori, non è affatto facile rispondere.
I validi e navigati scrittori Alex Calvi e Livio Gambarini ci consegnano nelle mani un’opera magistrale che, ci auguriamo, dia origine a una saga, riportando in vita le gesta di un personaggio quasi dimenticato ma di una caratura e una natura psicologica più che notevoli. Un “prequel”, diremmo in termini cinematografici, di quella che è l’avventura dei Visconti nella Milano medievale, tra intrighi di corte, spietate battaglie, amori proibiti e crudeli vendette.
Utilizzando, come ammesso dagli stessi autori, una tecnica di narrazione immersiva, ci consegnano un puntuale affresco del basso medioevo narrandolo non in prima persona ma attraverso i pensieri, le parole, i gesti dei personaggi del romanzo, conducendoci attraverso punti di vista personalissimi con un linguaggio magistralmente calato nel contesto storico. Il medioevo si assapora, si respira, si “vede” in ogni parola, in ogni descrizione, in ogni odore che buca prepotentemente la carta per balzare addosso al lettore: non soltanto i personaggi adottano un linguaggio “adattato” al contesto (non originale ma verosimile) ma lo stile narrativo segue lo stesso linguaggio creando un coinvolgimento totale non sempre riscontrabile anche in testi altrettanto importanti e accurati.
Percorrere la strada della narrazione insieme a Ottone mi ha fatto affezionare all’uomo debole, all’uomo colpevole, all’uomo ingannato, inducendomi a tifare per lui, a sperare nella sua redenzione, nella risoluzione della vicenda che si svelerà, infine, nella profezia dell’evangeliario aperto a caso il giorno della sua consacrazione.
Infine, ho trovato geniale anche il collegamento (che scoprirete leggendo) tra il personaggio della locandiera e la battaglia finale.
Lasciatevi quindi conquistare dalla personalità di quest’uomo, forse non fra i più conosciuti della sua casata ma che ha gettato le basi della fortuna dei Visconti rendendo probabilmente Milano quella che è oggi; il retaggio di Ottone è ben visibile nel suo stemma: il biscione che ancora oggi compare in molti loghi di prestigiose aziende meneghine.
Una lettura consigliatissima per il coinvolgimento emotivo, la evidente e strutturata ricerca storica (nella quale alcuni artifici narrativi sono assolutamente giustificati ed evidenziati dagli stessi autori) e lo stile letterario la cui accuratezza, di questi tempi, è rara.
Insomma, innamoratevi di Ottone come è successo a me.
Titolo: Ottone. Il primo dei Visconti
Autori: Livio Gambarini e Alex Calvi
Editore: Piemme
Pagg. 477