Pino Aprile, autore pugliese di opere di denuncia, per professione scrive sui giornali ed abita ai Castelli Romani. In passato vicedirettore di Oggi e direttore di Gente. Per il piccolo schermo ha collaborato con Sergio Zavoli all’inchiesta Viaggio nel Sud e al settimanale del Tg1, Tv7. Ha pubblicato diversi testi che hanno riscosso un notevole successo e sono stati tradotti in numerose lingue, tra i quali è opportuno menzionare Terroni (edito nel 2010), Giù al Sud, Mai più terroni, Il Sud puzza, Terroni ‘ndernescional, Carnefici e Il male del Nord. Ha ottenuto nel 2010 il Premio Carlo Levi, il Rhegium Julii nel medesimo anno e nel 2012 il Premio Caccuri. A New York è stato nominato Uomo dell’anno dall’Italian Language Inter-Cultural Alliance.

Di particolare importanza per una piena comprensione del volume Tu non sai quanto è ingiusto questo paese (dato alle stampe nel mese di febbraio del 2021) è sia l’introduzione dell’autore, intitolata Il posto di chi, che la presentazione dello stesso da parte dell’editore nella seconda di copertina. Nell’introduzione Pino Aprile afferma che: «Quando si scrive un libro, si comunica. E se non sei un robot, immagini a chi. Nello scrivere questo, ho pensato di avere per interlocutori gli onesti inconsapevoli (economicamente delle fasce alte, anagraficamente anziani e garantiti, non disabili, geograficamente del Nord). Chi più ha, magari se lo merita, ma la trappola logica è pensare che avere di più sia la prova del merito. E non ci si chiede a spese di chi e di cosa ci arrivi quel più: è nostro per averlo meritato. La mia passione e professione è già di per sé un privilegio, perché mi ha permesso di incontrare persone straordinarie e no, giganti e nani, santi e criminali. Questo ti forma, ti educa, ti arricchisce. Uno di quelli che mi hanno colpito di più, per dimensione, etica, intelligenza, equilibrio, un essere quasi mitologico, è stato Simon Wiesenthal, il più grande cacciatore di criminali nazisti, che catturò il responsabile dello sterminio di sei milioni di esseri umani. Appresi in una delle mie conversazioni con lui quello che vorrei dire agli onesti inconsapevoli (se sai delle ingiustizie, della loro ragione, le accetti e te le tieni perché ti fanno comodo, non sei onesto). Durante il processo a un criminale nazista, comandante di un campo di sterminio, un ebreo sopravvissuto testimoniò in favore dell’imputato: ero in fila dinanzi alla camera a gas, raccontò. Era arrivata la mia ora. Mi disperavo, piangevo, pensavo alla mia famiglia. Mentre la fila avanzava verso la morte, vidi l’imputato, lo implorai, lo supplicai. Lui fece un cenno. Mi trassero fuori. E oggi sono qui a testimoniarlo, per pagare un debito: gli devo la vita. Non ricordo se fu lo stesso Wiesenthal, presente al processo, o il tribunale a fare la domanda, ma questo ha poca importanza, conta quello che gli fu chiesto: “e chi misero nella fila al posto suo?”. In un mio precedente libro, Il male del Nord, ho raccontato di una coppia di miei giovani amici, lui di un paese dei Monti Dauni, in Puglia, lei emiliana. Il paese di lui è quasi irraggiungibile, perché l’unica strada da valle è franata da tempo immemorabile e non viene rifatta, o a metà e, in attesa dei soldi per la seconda metà, va in malora il già fatto; il paese di lei era quasi irraggiungibile, perché più o meno ogni sei mesi rifacevano la strada e i lavori rendevano difficile il viaggio. Oggi almeno uno dei due problemi è risolto: il paese emiliano oltre alla strada rifatta ha un’arteria bis, praticamente un’autostrada, e lo stanno collegando all’aeroporto di Bologna. Il paese di lui è nelle stesse condizioni di sempre. Ma la coppia si è trasferita nel paese dei Monti Dauni e lotta per avere la strada. Se i politici locali ottengono l’alta velocità ferroviaria e l’ennesima infrastruttura ultra-moderna, mentre in altre zone del Paese non hanno il treno, la strada, la scuola e l’ospedale, potete cavarvela dicendo che è giusto perché “la locomotiva tira per tutti” (non è vero); perché “quegli altri non si rimboccano le maniche” (non è vero); “ma loro rubano” (meno, anche se non sembra, perché meno c’è da rubare. Ma se ne parla di più); “ma loro hanno tutto facile, ai miei tempi…” (il mondo dei padri e dei nonni dei giovani di oggi era più giusto, ma ci parve più difficile e noi migliori); e continuate da soli. Prima o poi, però, dovrete porvi la domanda, se siete onesti: “il di più che ho è tutto merito mio o è tolto a qualcuno?”. Insomma: è maggiore il potere o il diritto (in teoria lo stesso per tutti?). Non abbiate fretta di rispondere. Il sopravvissuto non pensò che un giorno gli avrebbero chiesto: “e chi misero nella fila al posto suo?”. Concentrato sulla necessità di salvar se stesso, non si preoccupò della fila. Per questo c’era la fila. Ma arrivati a quel punto, era ormai tardi per evitare che ci fosse». Invece nella presentazione dell’opera da parte dell’editore il medesimo dichiara che: «Dopo aver aperto una salutare breccia nella retorica nazionalistica con il suo straordinario bestseller Terroni, Pino Aprile racconta, dati alla mano, come e perché in Italia oggi la disuguaglianza non ha eguali. È l’italiano il cittadino europeo con meno diritti di tutti, e in special modo se vive a Sud o nelle aree periferiche, se è in cerca di occupazione o l’ha persa, se è giovane, se è donna (e figuriamoci poi se è una madre single). Un Paese il nostro che, come fosse la feroce e grottesca nemesi di Robin Hood, aggiunge ogni volta disuguaglianze su disuguaglianze: soccorre i ricchi a spese dei poveri, i garantiti a scapito di chi non ha tutele, toglie risorse a chi ne ha di meno, investe solo dove c’è tutto. In Spagna, tanto per dire, l’alta velocità partì dalle regioni più povere, per favorirne la crescita: da noi esattamente il contrario, e a costi sette volte superiori rispetto alla confinante Francia. A Matera intanto, alla faccia della capitale europea della cultura, sono ancora lì ad aspettare il treno: da un secolo e mezzo. Un Paese senza una reale politica dello sviluppo, o per la famiglia, a parte episodiche regalie. Un Paese quindi più di sudditi che di cittadini, perché senza equità non ci può essere davvero cittadinanza, e senza diritto solo privilegio. Ecco perché questo libro urticante è destinato a diventare il vero banco di prova di ogni governo: perché solamente diventando meno iniqua l’Italia potrà ancora esistere».
Si ritiene che quanto detto nell’introduzione dall’autore e nella presentazione dell’opera da parte dell’editore abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità del libro preso in esame. Il linguaggio è semplice, scorrevole e comprensibile non solo da persone ferrate sull’argomento proposto. Un testo meritevole di notevole attenzione che si consiglia di leggere o regalare a coloro che sono interessati a conoscere a fondo la Questione meridionale.
Titolo: Tu non sai quanto è ingiusto questo paese
Autore: Pino Aprile
Editore: Pienogiorno
Pagg. 188