Salomone costruì anche una flotta in Ezion-Gheber, cioè in Elat, sulla riva del Mare Rosso nella regione di Edom. Ḫiram inviò sulle navi i suoi servi, marinai che conoscevano il mare, insieme con i servi di Salomone. Andarono in Ofir, ove presero oro, quattrocentoventi talenti, e lo portarono al re Salomone1.
Inoltre, la flotta di Ḫiram, che caricava oro in Ofir, portò da Ofir legname di sandalo in gran quantità e pietre preziose. Con il legname di sandalo il re fece ringhiere per il tempio e per la reggia, cetre e arpe per i cantori. Mai più arrivò, né mai più si vide fino a oggi, tanto legno di sandalo2.
Secondo alcuni studiosi, Ofir è identificabile con la città di Poovar, in India, nello Stato di Kerala, sul Mare Arabico. La localizzazione nel Kerala e nel dirimpettaio Sri Lanka, zone ricche di miniere d’oro e di gemme preziose, d’avorio, di animali esotici e di legno pregiato (mogano, ebano, tek, etc.), è agevolata dal fatto che la Bibbia per indicare il pavone impieghi la parola thukki, molto simile al corrispettivo termine in lingua tamil thogkai. Nel qual caso, i porti di Tarish, Mantai e Kurdiramalai, non lontano dalla attuale città di Jaffna, ove vive la popolazione Oviyar, potrebbero essere effettivamente le localizzazioni corrette.
L’India sarebbe stata raggiungibile da una flotta proveniente da Ezion-Gheber, all’estremità del braccio orientale del Mar Rosso. In India si potevano trovare tutti i prodotti imbarcati sulle navi di Salomone e Ḫiram, re di Tiro. Flavio Giuseppe3, storiografo ebreo romanizzato di I sec. d.C., san Sofronio Eusebio Gerolamo e la Bibbia dei Settanta possono essere citati a favore dell’ubicazione di Ofir in India4.
Per cercare di verificare questa ipotesi di localizzazione dell’Ofir biblica ho cercato di verificare se vi fossero tracce di contatti nel II millennio a.C. tra l’India e il Vicino Oriente.
È stato ipotizzato che l’aristocrazia di Mittani, che portava nomi indo-ari, fosse migrata dall’Oriente e si fosse imposta sulle popolazioni indigene ḫurritiche del medio Eufrate, che non risultano invece essere indoeuropee.
Alcuni studiosi hanno provato ad equiparare le divinità venerate dagli Ḫurriti con divinità vediche, e hanno identificato i nomi usati dall’aristocrazia come eponimi indoeuropei.
Nel trattato tra il sovrano ittita Šuppiluliuma I e il re di Mittani (nell’attuale Siria) Šattiwaza, vengono invocate le divinità vediche Mitra, Varuna, Indra, Nasatya e Asvins, attestando così significative influenze religiose nel II millennio a.C. tra Vicino Oriente e India. Dello stesso tenore sono le interpretazioni sanscrite dei nomi dei sovrani di Mittani, che rendono Šuttarna come sutarna (“buon Sole”), Baratarna come paratarna (“grande Sole”), Parsatatar come parašukšatra (“governatore con l’ascia”), Saustatar come saukšatra (“figlio di Sukšatra, il buon governatore”), Artatama come “giustissimo”, Tušratta come dašaratha (“possessore di dieci carri”) e, infine, Mattivaza come mativaja (“la cui ricchezza è la preghiera”). Vi è inoltre un gran numero di altri nomi somiglianti a parole sanscrito scoperti in documenti nell’area di Mittani. A un tanto si aggiunga un trattato sull’allevamento dei cavalli scritto da Kikkuli l’ḫurrita in lingua ittita contenente termini correlabili al sanscrito come aika (cfr. eka, “uno”), tera (cfr. tri, “tre”), panza (cfr. pancha, “cinque”), satta (cfr. sapta, “sette”), na (cfr. nava, “nove”), vartana (cfr. vartana, “rotondo”, “zero”). Un altro testo presenta i termini babru (cfr. babhru, “bruno”), parita (cfr. palita, grigio) e pinkara (cfr. pingala, “rosso”). La festività principale del Mittani, la celebrazione del solstizio, višuva, era comune all’antica India, e i guerrieri mittanici erano chiamati marya, termine usato per i guerrieri anche in sanscrito.
Il popolo ebraico appare legato ai Ḫurriti, su cui dominavano i Mittani, da alcune usanze, come sottolinea il dott. Flavio Barbiero, collaboratore dell’archeologo dott. Emmanuel Anati, come quella di nominare un proprio servo erede nel caso di assenza di figli, che si rispecchia nell’episodio veterotestamentario di Abramo e del servo Eliezer di Damasco. Altre usanze accomunano invece Israeliti e Ittiti, i quali parlavano la più antica lingua indoeuropea attestata, come il levirato. Secondo la Torah infine vi sarebbero stati legami matrimoniali tra famiglia dei Patriarchi, Ittiti e Ḫurriti.
A ciò si sommi l’accostamento da me proposto nei miei libri tra Proto-Israeliti e Hyksos, i quali introdussero in Egitto l’utilizzo del carro da guerra trainato dal cavallo, tecnologia bellica comune a Mittani, Ittiti e Indoari e di origine indoeuropea5.
Alla luce di un tanto, parrebbe pertanto che vi siano stati degli scambi culturali tra Vicino Oriente antico, in senso esteso, come l’Egitto e il regno di Giuda, da un lato, e India dall’altro, già ipotizzati, citando esempi onomastici e altri come l’occhio di Gopta indiano, messo in relazione con quello di Horo, dall’antropologo e docente universitario inglese prof. Laurence Austin Waddell6.
Il filosofo peripatetico di IV-III sec. a.C. Clearco di Soli arriva a scrivere:
Gli Ebrei discendono dai filosofi dell’India. In India i filosofi sono chiamati Calaniani e in Siria sono detti Ebrei. Il nome della loro capitale è molto difficile da pronunciare. Si chiama Gerusalemme.
Sullo stesso tono, Megastene, storiografo, geografo e diplomatico sempre di IV-III sec. a.C., visitò l’India quando vi fu mandato da Seleuco Nicatore, e affermò che gli Ebrei:
[…] erano una tribù o setta indiana, chiamata Kalani”7.
Per concludere questa breve trattazione, riporto i risultati delle analisi genetiche che potrebbero confermare le ipotesi finora esposte. Lo scienziato e docente universitario prof. Pierluigi Baima Bollone, basandosi sugli studi paleogenetici del dott. A. Wircinski8, infatti riferisce:
La letteratura specializzata mostra il diverso assetto scheletrico degli antichi abitanti della Valle del Nilo e ne delinea i caratteri somatici già fissati in epoca predinastica. È stato rilevato, sulla base di osservazioni compa rative del materiale osseo da Badari, Ma’hadi, Uadi Digla, Nacada, Abido e Merimde l’esistenza di almeno otto tipi costituzionali, con diversa predominanza nell’uno o nell’altro sito, ma dissimile dalla popolazione nubiana, che suggeriscono contributi genetici a seguito di migrazioni dalla Mesopotamia e addirittura dall’India9.
1 I Re IX, 26-28, in C.E.I. 2009 (2008).
2 Ivi X, 11-12, in C.E.I. 2009 (2008).
3 MORALDI 2018.
5 DI LENARDO 2016; DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016); DI LENARDO 2017.
6 WADDELL 1925.
7 MEGASTENE, cit. in HIGGINS 1836 , vol. I, p. 400.
8 WIERCINSKI 1958, pp. 77-84; WIERCINSKI 1965, p. 202.
9 BAIMA BOLLONE 2014, p. 81.
Bibliografia
C.E.I. (a cura di) 2009 (2008), La Sacra Bibbia, Milano, Mondadori.
De Angelis A., Di Lenardo A. 2017 (2016), Exodus. Dagli Hyksos a Mosè: analisi storica sull’Esodo biblico, Tivoli (Rm), Altera Veritas.
Di Lenardo A. 2016, Israeliti e Hyksos. Ipotesi sul II Periodo Intermedio d’Egitto e la sua cronologia, Patti (Me), Kimerik.
Di Lenardo A. 2017, Le guerre nascoste dalla Bibbia. La confederazione dei Nove Archi, Asti, Eterne Verità.
Higgins G. 1836, AnacalypsisAnacalypsis: An Attempt to Draw Aside the Veil of the Saitic Isis or an Inquiry into the Origin of Languages, Nations and Religions, vol. I. I Libro dei Re, in C.E.I. 2009 (2008).
Megastene, cit. in Higgins 1836, vol. I.
Moraldi L. (a cura di) 2018, Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, Torino, U.T.E.T.
Ofir, www.wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/1200003336.
Waddell L.A. 1925, Indo-Sumerian Seals Deciphered discovering Sumerians of Indus Valley as Phoenicians, Barats, Goths & famous Vedic Aryans 3100-2300 B.C.
Wiercinski A. 1958, Introductory Remarks Concerning the Anthropology of Ancient Egypt, in «Bull.
Soc. de Geographie d’Egypte», XXXI.
Wiercinski A. 1965, Analisa struktury rasovej Egiptu w epoce przeddyastycznej, in «L’Anthropologie», LXIX.